Moneyless


Moneyless

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Acrilico su muro

2016

Bio:

Il nome Moneyless è strettamente legato al mio modo di fare. Lontano dal consumo incessante del mondo contemporaneo, la semplicità e l’essenza sono i valori che inseguo. La società è ridondante di immagini e suoni, un gran caos che finisce per non comunicare niente. La povertà nell’essenzialità di una forma è per me una vera ricchezza, rappresenta il silenzio che fa riaffiorare il pensiero.

Il mio lavoro è da sempre volutamente legato ad un’attività di ricerca di materiali industriali dal limitato valore economico, questo è uno dei concetti fondanti del mio fare arte, i materiali che utilizzo non sono esclusivamente dei mezzi ma parte integrante del mio lavoro ed ho sempre ritenuto stimolante riuscire a dare una nuova e trasformata “vita” a ciò che nella comune consuetudine è ritenuto povero e lontano da qualsiasi connotato estetico.

Guardando interamente il mio percorso artistico noto con evidenza il seme di ciò che faccio oggi nel periodo in cui sperimentavo nel mondo dei graffiti. All’incirca nel 2004 ho iniziato a scrivere Moneyless in maniera sempre più geometrica, il lettering era ancora del tutto evidente e protagonista ma sentivo il bisogno di allontanarmene progressivamente. La “lettera” era diventata quasi una costrizione e mi andava stretta, in effetti erano le dinamiche del writing stesso ad andarmi strette, mi sentivo limitato da quel modo di agire fatto di regole e consuetudini che trovavo ormai obsolete, il writing a quel tempo aveva già dato i suoi frutti e ciò che rimaneva non erano altro che limitazioni mentali, dinamiche noiose fatte di faide e rara originalità.

Devo sottolineare il fatto che il cambiamento che in me è avvenuto in quel periodo è certamente legato alle amicizie e conoscenze di artisti che come me avvertivano questo bisogno di cambiamento, credevamo di poter utilizzare quello che era il nostro medium per eccellenza, il muro, in modo nuovo, diverso. Il writing era cosa del passato, un esperienza magnifica ma conclusa.

Il legame con le lettere si rarefaceva pian piano. Cercavo di sottrarre quella presenza alfabetica dalla forma stessa della lettera. Mi interessava solo la sua forma quindi, ma per vedere solo quella dovevo eliminare ogni riferimento segnico.

Il mondo delle forme geometriche pure e semplici è diventato così l’ambito di una mia infinita ricerca che tutt’oggi mi coinvolge.

Credo che il mio percorso vada verso una continua sottrazione, cerco sempre di ottenere una certa semplicità e pulizia ma complessità e pienezza allo stesso tempo. Il mio obiettivo è sempre quello di creare forme ridotte ai minimi termini ma con una tensione interna, un movimento invisibile; spesso nelle mie figure si nascondo delle visioni molteplici, prospettive differenti, celate in un’unica struttura. Di fatto all’interno di una forma all’apparenza minimale si possono scovare più forme altrettanto semplici.

Lontane dall’essere mere insiemi di linee, le mie opere non sono rappresentazioni astratte, sono sempre ispirate da elementi reali che io idealizzo e trasformo in elementi irreali, non terreni. Più che astratte sono alienate, vivono nel mondo delle idee molto più che in quello fisico. Rappresentano delle idee, idee di realtà.

Il mio lavoro con le geometrie è iniziato sperimentando con le sole due dimensioni utilizzando supporti di vario tipo, dai muri alle tele, dalla carta al legno. L’evoluzione in quel primo periodo è stata quella di rendere le linee delle mie figure via via più sottili seguendo la solita necessità di semplificazione. L’outline così sottile mi sembrava sempre più un filo ed è proprio con degli spaghi prima e dei fili di lana poi che cominciai a creare le linee delle mie geometrie. Utilizzando dei chiodi come sostegno ai fili i miei disegni risultavano leggermente scostati dalla superficie di sfondo e iniziavano così ad entrare nello spazio di chi li osservava. Più tardi ho voluto renderli ancora più presenti, e così la loro tridimensionalità si è fatta sempre più evidente, fino alle mie realizzazioni più recenti che sono dei veri e propri solidi che faccio galleggiare nello spazio con l’ausilio di fili trasparenti.

Così la mia riflessione si è concentra su un nuovo aspetto: i luoghi in cui le mie opere vivono. Un progetto che sto portando avanti in questa direzione è la realizzazione di interventi in ambienti naturali o decadenti. Questi tipi di scenari mi hanno attirato proprio perché lì le mie opere hanno un risalto particolare, sono estranee all’ambiente, forme perfette e legate a logiche matematiche, la linea retta in contrasto con la pluralità di forme assolutamente non rigide di quei luoghi. Mi interessa particolarmente il conflitto visivo che si viene a creare quando una figura geometrica di ovvia fattura umana appare all’interno di un ambiente spontaneo, e di come possa un osservatore percepire quello spazio artificiale all’interno di uno spazio a lui familiare come un bosco ad esempio. L’effetto è certamente straniante, queste forme si fondono e si mimetizzano con questi spazi ma ne restano sempre estranee, in contrasto, diverse. E cosi trovarsi all’interno di queste strutture ci trasporta in un luogo “altro”.