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Danilo Bucchi

L’anagrafe di Danilo Bucchi indica Roma, organismo polimaterico più che semplice città, archeologia del futuro che imprimerà il suo codice iconografico nel DNA visivo di DB. L’anno di nascita è il 1978, epoca di mentalità aperte ma anche di chiusure romane: alte avanguardie che, attraversando il concettuale, recuperano le vie della pittura, la stessa in cui DB muoverà i primi passi ver so prime
opere e primissime mostre: Accademia di Belle Arti a Roma e il precedente liceo artistico formeranno DB alle tecniche del Disegno e della Pittura. Dal 1998 al 2001 si dedica alle scenografie di film e al mondo pubblicitario, assorbendo modelli creativi e attitudini espressive che plasmeranno i suoi codici figurativi. Poi è la volta di un master in fotografia, linguaggio che influenzerà le sue soluzioni
pittoriche, soprattutto nelle inquadrature, nei tagli di prospettiva, nei contrasti tra corpi e fondali. Nel 2007 la personale alla Contemporary Art Society introdurrà il lavoro di DB a Pechino e lo collocherà in importanti collezioni internazionali. Nel 2011 DB fa il punto su oltre dieci anni di lavoro: la risposta in una personale presso Palazzo Collicola Arti Visive di Spoleto, a pochi mesi dalla precedente mostra presso il MLAC di Roma il quale gli dedicherà il libro “Danilo Bucchi- Signs. The black line” edito da Gangemi e parte della collana “Luxflux Proto-Type arte contemporanea”. Anno 2012 per la personale di Singapore presso Sabiana Paoli Art Gallery. Anno 2013 per un’altra personale, questa volta a Roma presso la galleria Emmeotto, dove presenta, tra le varie opere, il suo esordio nella scultura. Nel 2013 conferma la fratellanza con gli altri linguaggi. Nasce così la collaborazione a quattro mani con Antonio Marras: assieme allestiscono i quadri nel Piano Nobile di Palazzo Collicola Arti Visive, producendo un prezioso libro con l’editore Corraini. Sempre nel 2013 torna a Singapore, questa volta da Mucciaccia & Partners per “Milky Way”, un viaggio espositivo a fianco dei giganti del Novecento, da Basquiat a Rauschenberg, da Christo a Mathieu… Nel frattempo continua il dialogo con la musica elettronica, con i contesti urban, con l’editoria creativa, con le potenzialità del linguaggio video. DB parla sempre attraverso il verbo transitivo della pittura, organismo polimaterico più che semplice codice formale, eterna archeologia in cui si sente la memoria del segno, la potenza del gesto, l’essenza del colore, la circolarità della figurazione.

Danilo Bucchi, Minotauro. Street Art Silos, Porto di Catania per Emergence Festival 2015 e Festival I Art.bucchi-minotauro

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